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mercoledì 2 agosto 2017

Centrafrica, cristiani e musulmani insieme per evitare il massacro

La Stampa
Parla il vescovo di Bangassou assediato nella cattedrale che ospita 2100 islamici minacciati da milizie cristiane. «Solo l’accoglienza reciproca e il dialogo ci potranno salvare»


«Da noi ormai vige la legge “occhio per occhio” e in breve tempo, se continua così, saremo tutti ciechi». È un appello disperato quello che lancia il vescovo comboniano di Bangassou, monsignor Juan José Aguirre Muños, raggiunto al telefono da Vatican Insider nel corso di una delle sue regolari visite ai campi profughi disseminati nella sua diocesi. La sua cattedrale è ormai cinta d’assedio da mesi e a minacciare di morte tutti gli oltre 2mila musulmani che lui ha scelto di ospitare, sono qualche centinaio di sbandati affiliati alle milizie cristiane anti-Balaka.

«Siamo letteralmente in ostaggio, in ginocchio, terrorizzati da quattrocento ragazzi armati molto violenti e crudeli. Sono stato testimone di numerosi atti efferati che posso senza dubbio giudicare crimini contro l’umanità. Ho visto bambini lanciati in aria e colpiti, una crudeltà che ha dell’incredibile. Delle undici missioni della mia diocesi, tre sono in mano delle truppe anti-Balaka e una è ostaggio di un’altra formazione. La cattedrale è circondata, hanno vietato che arrivino acqua e cibo, hanno minacciato tutti i commercianti che vendono prodotti alimentari nei pressi della chiesa. Il 13 maggio, le zone islamiche della città sono state abbandonate dalle forze Minusca (Missione Onu in Centrafrica) e immediatamente attaccate dalle milizie cristiane. Noi abbiamo così deciso di aprire le porte della cattedrale e ospitarli tutti, e siamo andati a prelevarli direttamente per evitare un massacro. Al momento ci sono 2100 musulmani, tra questi, moltissimi bambini. Ma l’assedio dura da oltre due mesi e la situazione sta precipitando».

Non sono solo i musulmani a essere terrorizzati…
«No, qui ormai il terrore è trasversale: al momento le parlo da un campo di sfollati non musulmani mentre stamattina ho fatto visita a un campo di musulmani. La gente non ne può più, il 50% della popolazione è fuggita e ha superato il confine con la Repubblica Democratica del Congo, dove, peraltro, la situazione è molto instabile. Non sono solo le varie milizie cristiane o musulmane a fare paura. Molta gente, in realtà, teme di più i soldati della Minusca».

Quelli che dovrebbero garantire la pace?
«Sì proprio loro. Il contingente è formato da giovani marocchini, tutti musulmani. Si tratta di una forza inefficace se non dannosa. Non penso sia sensato inviare in un Paese dove c’è una radicalizzazione etnico-religiosa un contingente interamente musulmano, non credo si trovi nella migliore posizione per fare mediazione tra due fazioni al momento così ostili. I nostri concittadini sono ormai il bersaglio incrociato di varie entità, incluse le truppe Onu. È una specie di “tutti contro tutti” che peggiora una situazione già sull’orlo del baratro».

Il complesso quadro della situazione, in cui è ormai difficile distinguere chi combatte contro chi e le appartenenze entico-religiose, è ben rappresentato da un terribile episodio avvenuto poco più di una decina di giorni fa, che ha innescato un domino di reazioni molto violente. Lo scorso 21 luglio alcuni soldati anti-Balaka (cristiani) hanno rapito una ragazza di fede islamica incinta e un gruppo di giovani musulmani, in risposta, ha sequestrato le famiglie di due operatori della Caritas, in tutto una trentina di persone. La Minusca (come detto, interamente formata da islamici) è intervenuta riuscendo a liberare tutti e i giovani estremisti, furibondi, si sono diretti verso la cattedrale (che offre rifugio a migliaia di musulmani ma che è assediata da truppe cristiane) cercando di appiccare incendi e distruggendone varie parti. La tensione è salita ulteriormente e alcuni effettivi della forza Onu hanno reagito seminando il terrore in città e uccidendo anche civili inermi.

Poco più di un mese fa è stato siglato a Roma un accordo di pace tra le varie fazioni in conflitto…
«Sì ma purtroppo per il momento non funziona per niente. Alcuni dei giovani appartenenti alle milizie probabilmente non hanno neanche saputo dell’accordo. Continua a esserci una enorme dose di violenza che porterà tutti noi alla cecità. Forse l’accordo di Sant’Egidio un giorno sarà efficace, lo speriamo tutti. Per il momento nessuno dei gruppi armati ci crede davvero. Due formazioni, peraltro, quella di Noureddine Adam, sostenuto dal presidente del Ciad, che opera nel nord, al confine settentrionale con il Ciad, e l’Upc di Ali Darass, una milizia molto violenta in gran parte composta da una etnia nomade, non lo hanno neanche firmato».

Che cosa spera che succeda da ora in poi?
«Concretamente credo che il governo debba immediatamente inviare qui un prefetto militare che prenda il potere totale e faccia capire che lo Stato, a differenza di quello che ormai credono tutti, non è assente. Inoltre spero che al più presto cambi la composizione delle truppe Minusca, che vengano, come sembra, militari dal Gabon, dal Bangladesh, dal Ruanda. Per quanto riguarda i marocchini spero che vadano via al più presto: mi creda, al momento sono detestati e di poco aiuto.

Fino alla fine, però, continueremo a ripetere che con la pace si vince tutto, con la guerra si perde tutto. Da anni vediamo sangue sparso ma non cesseremo mai di lanciare un appello alla fratellanza, al dialogo. Non sono solo le armi a essere “armate”, anche i nostri cuori e dobbiamo fare di tutto perché si disarmino al più presto. Le gente vuole vivere in pace e noi questo chiediamo al Signore, senza distinzione tra religione, etnia o stato sociale».


Luca Attanasio

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