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martedì 1 maggio 2018

Nicaragua. 63 civili morti per la repressione, critico l'ex presidente Bolanos

Corriere della Sera
Il bilancio della repressione delle proteste antigovernative iniziate la settimana scorsa in Nicaragua contro la riforma della sicurezza sociale è di 63 morti e almeno 15 dispersi, secondo i conteggi separati di tre organizzazioni locali di difesa dei diritti umani. 

La Commissione Permanente dei Diritti Umani (Cpdh) ha registrato 39 morti solo nella capitale Managua, che aggiunti a quelli a livello nazionale raccolti dal Centro Nicaraguense per i Diritti Umani (Cndh) e l'Associazione per i Diritti Umani (Anpdh) sommano 63 morti, informa su Twitter la giornalista Elizabeth Romero, del quotidiano oppositore La Prensa. Marcos Carmona, responsabile del Cpdh, ha aggiunto che almeno 160 dei feriti accuditi nelle strutture sanitarie presentano lesioni per armi da fuoco, fra i quali nove che hanno perso un occhio.

Molto critico il giudizio dell'ex presidente del Nicaragua Enrique Bolanos, in carica dal 2002 al 2007, che ha pubblicato un messaggio sul quotidiano La Prensa. "A causa di questa cupidigia del leader, al popolo è toccato pagare con i morti, al Paese le conseguenze, e i signori della guerra alla fine si sono tenuti il bottino, che era quello che volevano. Da presidente a presidente, oggi faccio un richiamo al comandante Ortega per il suo gravissimo errore di permettere alla polizia un uso eccessivo della forza", ha detto l'ex capo di Stato.

Secondo l'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani molte delle morti che si sono prodotte in Nicaragua durante le proteste antigovernative potrebbero essere "uccisioni ingiustificate". "È essenziale che tutte le accuse di uso eccessivo della forza da parte della polizia e di altre forze di sicurezza siano investigate in modo efficace e che tutti i responsabili si assumano le proprie responsabilità" ha detto la portavoce dell'ufficio Onu Elizabeth Throssell.

Ora la mediazione è affidata ai vescovi nicaraguensi dopo che l'esecutivo aveva ritirato la sua proposta di riforma. Ma i passi avanti sono pochi. Monsignor Rolando Alvarez, vescovo di Matagalpa, diocesi suffraganea della capitale Managua, ha indicato alla stampa che non è stata ancora fissata una data per l'inizio del dialogo né un'agenda precisa per le conversazioni, sottolineando che se la Chiesa "non vede buona volontà nelle parti, allora ci ritireremo come mediatori".




di Monica Ricci Sargentini

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