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venerdì 4 maggio 2018

Abu Mazen e le patetiche frasi antisemite: i palestinesi pagano la mediocrità dei loro leader

Il Sole 24 Ore
Il presidente palestinese Abu Mazen ha pronunciato frasi che in queste ore stanno suscitando una valanga di critiche a livello mondiale. Secondo i media
internazionali, il presidente palestinese ha detto che l'Olocausto è stato causato da alcuni «comportamenti sociali» degli ebrei come «l'usura, le banche e cose del genere». Il premier israeliano, Benyamin Netanyahu, che ha detto che il leader palestinese è «antisemita e patetico».


Abu Mazen
Il vecchio Abba Eban, ministro degli Esteri ai tempi di Golda Meir, sosteneva che i palestinesi non perdono mai l'opportunità di perdere opportunità nel conseguimento della loro causa nazionale. Nemmeno il raffinato diplomatico israeliano avrebbe supposto che Abu Mazen sfruttasse un'occasione così clamorosa, politicamente suicida e stupida per affossare le speranze di uno stato per il suo popolo.

Nessuno oggi doveva essere più felice di Bibi Netanyahu dall'oratoria mistificante. La retorica antisemita del presidente dell'Autorità di Ramallah ha battuto clamorosamente quella del premier israeliano. Una retorica stantia, passata di moda perfino fra gli estremisti di destra europei: forse perché per loro adesso vengono prima gli africani e i musulmani. Aji Amin al-Husseini, il Gran Mufti di Gerusalemme e primo leader dei palestinesi, negli anni Quaranta aveva cercato il sostegno dei nazisti, usando le loro stesse terminologie anti-ebraica. Ma in qualche modo, posto che questo potesse essere un'attenuante, c'era una guerra mondiale, un contesto diverso.

Le dichiarazioni di Abu Mazen sono ancora più gravi perché Mahmud Abbas (Abu Mazen è il suo nom de guerre) è il presidente dell'Autorità nazionale palestinese, di al-Fatah e dell'Olp: l'embrione internazionalmente riconosciuto dello stato palestinese, il partito e l'organizzazione che hanno scelto la strada della trattativa per la libertà del popolo palestinese. È il leader sostenuto dagli europei, il capo col quale fra alti e bassi anche gli americani vorrebbero trattare una soluzione. Come può l'Occidente - e la vecchia Europa col suo senso di colpa per il peccato originale dell'antisemitismo - continuare a considerare interlocutore un uomo dalle convinzioni simili?
Si potrà obiettare che l'occupazione israeliana continua ininterrotta da 51 anni, che le colonie si allargano, che l'attuale governo israeliano pratica una politica di espulsione dei palestinesi dalla loro terra. Ma è difficile pensare a qualcosa di più devastante per la causa delle dichiarazioni di Abu Mazen.

Quello palestinese è un popolo sfortunato: non solo perché ha trovato sulla sua strada un altro popolo, quello ebraico, più determinato e coeso nel raggiungere i suoi obiettivi nazionali. Obiettivi che oggi stanno superando quelli originali e democratici dei padri fondatori del 1948: a maggio saranno 70 anni.

I palestinesi sono sfortunati anche per la mediocrità dei loro capi. Prima l'estremista al-Husseini; poi Arafat, incapace di spogliarsi della divisa da guerrigliero. Infine il grigio burocrate Abu Mazen, educato in Unione Sovietica, che a 80 anni ha cercato di entrare nella storia del conflitto israelo-palestinese da una porta sbagliata.


Ugo Tramballi

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