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sabato 29 aprile 2017

Il Papa in Egitto, una sfida di pace a chi vuole lo scontro globale - di Andrea Riccardi

Huffington Post
Andrea Riccardi
Papa Francesco, il 28 e il 29 aprile, sarà in Egitto: un viaggio difficile anche per questioni di sicurezza (non ha voluto essere protetto negli spostamenti in modo più forte del solito). È un viaggio dall'intensa carica simbolica. Francesco varca la frontiera mediterranea tra Nord europeo e Sud arabo-islamico. 


Va nel più importante paese arabo: nella sconfinata megalopoli del Cairo, dove – tra l'altro - convergono tante rotte di migranti dai Sud del mondo. Qui la sfida è il rapporto tra islam e violenza. Fin dall'inizio del pontificato, il Papa mi disse che il dialogo interreligioso doveva affrontare presto il delicato binomio: violenza e religioni.

Il Papa argentino viene da un paese dalla forte capacità assimilativa, dove c'è una cospicua comunità di musulmani (circa 500.000). Non ha sentito nella sua vita la pressione dell'Islam, com'è avvertita in Europa dai movimenti populisti o dai paesi dell'Est, preoccupati dell'identità "cristiana" per l'"invasione" musulmana. Mette in primo piano il dramma umano dei migranti, rispetto alla difesa dell'Europa cristiana. Eppure è consapevole che vivere con l'Islam è una questione decisiva per i cristiani e il mondo di oggi.

Già nella Repubblica centroafricana, nel 2015, aveva fatto un passo di pace visitando la moschea della capitale, nonostante le gravi tensioni interreligiose. Soprattutto, Bergoglio non ha mai accettato di considerare la religione musulmana come portata alla violenza dalle sue stesse radici: non c'è guerra per la religione, ma per altri motivi. Questa visione ha provocato varie critiche in ambienti cattolici e tra alcuni islamologi. Del resto è stata la posizione di Giovanni Paolo II. Negarla porterebbe a legittimare lo scontro tra l'Occidente (cristiano) e l'Islam. È quanto i terroristi e i radicali vogliono.

Francesco, al Cairo, andrà nella storica Università di Al Azhar, accolto dal grande imam Al Tayyb. È la personalità più autorevole nell'Islam sunnita, anche se non esiste una gerarchia: una figura particolare per il prestigio che ha ridato alla millenaria Università, ma anche per la sua posizione. 

Un solo esempio: durante la visita del papa, si svolgerà ad Al Azhar un convegno di religioni per la pace, cui partecipano cristiani, ebrei ed esponenti delle religioni asiatiche. Tayyb è stato presente a vari incontri nello spirito di Assisi e, soprattutto, è promotore del dialogo tra Oriente e Occidente con la Comunità di Sant'Egidio. Riceverà il Papa nel quadro del convegno interreligioso, cui partecipa il patriarca Bartolomeo. La scelta mostra la sua apertura.

L'altro aspetto del viaggio è il sostegno ai copti. Il Papa ha dedicato recentemente la Messa per la festa di San Marco al Patriarca copto Tawadros. A Roma il Papa e il Patriarca hanno avuto un dialogo intenso sulla condizione del cristianesimo copto. Francesco sa che è una Chiesa di martiri. Sabato scorso, durante la visita al santuario romano dei nuovi martiri, a San Bartolomeo, il Papa è apparso concentrato sul martirio con toni anche drammatici, come ha scritto Piero Schiavazzi.

I copti, la più grande comunità chiesa tra gli arabi, affrontano la violenza terrorista, come nei recenti attentati la Domenica delle Palme: indifesi e non violenti, ma forti, come tanti cristiani in questa stagione di nuove persecuzioni. 

Francesco, accolto dal presidente Al Sisi, non fa una visita politica. Il suo sguardo va oltre, consapevole della drammaticità dello scontro globale. Il vasto e tumultuoso Egitto potrà rappresentare il laboratorio di un'amicizia pacifica tra le religioni nel ripudio della violenza e nel sostegno mutuo. A questo passo, portano il loro autorevole apporto il Papa di Roma, il grande Imam di Al Azhar, il Patriarca copto e quello di Costantinopoli. Così il viaggio di Bergoglio è un messaggio, ben oltre l'Egitto.

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