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lunedì 5 dicembre 2016

Iran - Sadegh Souri: un fotografo nel braccio della morte delle bambine

Libero
"Ho parlato a lungo con loro nelle celle, ora qualcuna è già stata giustiziata. Sperano solo nel perdono delle famiglie delle vittime". Come in Italia, anche in Iran esistono carceri minorili. Ma in Iran i minori possono essere condannati all'impiccagione.


Le foto del fotografo iraniano Sadegh Souri
Il fotografo iraniano Sadegh Souri è entrato in una di queste prigioni della capitale, Teheran, e ha ritratto bambine e ragazze nel braccio della morte. Souri non parla inglese, solo farsi. Con l'aiuto di un traduttore gli abbiamo scritto per intervistarlo grazie all'aiuto di un traduttore, ma le sue risposte tardavano ad arrivare. Siamo riusciti a incontrarlo quando, ottenuto faticosamente il visto per l'Italia, ha presentato al Festival della Fotografia Etica di Lodi il suo progetto Waiting Girls.

Signor Souri, cosa vuole trasmettere con le sue foto?
"Sono un fotografo, ma anche un essere umano e il mio obiettivo era mostrare e far conoscere al mondo ciò che succede e normalmente chi vede questo lavoro percepisce i sentimenti di dolore che arrivano dalla prigione di Shahr-e Ziba, che significa "La città bella". Non dimentichiamo che la pena di morte non esiste solo in Iran, ma anche in molti altri luoghi al mondo: per esempio negli Stati Uniti avevo iniziato un progetto sulle sedie elettriche, ma non mi hanno fatto più lavorare. Io vorrei far riflettere in assoluto sulla pena di morte".

Non ha avuto problemi con le autorità per queste foto?
"No, perché ho avuto il loro permesso per fare questo progetto".

Come è riuscito a entrare nel carcere per fare le foto?
"È molto difficile in Iran poter fotografare all'interno di una prigione. Io ci sono riuscito perché aiutavo un mio amico videomaker che stava già lavorando lì. In questo modo sono entrato in contatto con i funzionari e sono riuscito a rientrare successivamente per lavorare a questo progetto".

Ha scattato foto per dieci giorni. È anche riuscito a parlare con le ragazze?
"Per me è stato fondamentale parlare con loro, per capire chi fossero, quali speranze avessero e quale futuro si aspettassero. Ho passato 5 o 6 ore a parlare con ogni ragazza per decidere che tipo di fotografia scattare".

Che futuro può immaginare per sé una ragazza minorenne condannata a morte?
"Per legge la condanna può essere eseguita solo dopo i 18 anni, ma quasi sempre c'è un tentativo di commutare la sentenza di condanna a morte in una di reclusione. Ma a farlo non può essere il giudice, perché gli unici a poter annullare la condanna a morte sono i parenti di chi ha subito il delitto".

Ha conosciuto qualche ragazza sulla quale successivamente è stata eseguita la condanna a morte?
"Ho sentito che un paio di ragazze che ho fotografato sono morte, ma non ne ho ancora la certezza".

L'Iran ha firmato la Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia che vieta di condannare a morte i minori e ha recentemente aggiornato la legge coranica che consentiva di condannare a morte un imputato che avesse superato l'età della pubertà: 9 anni per le femmine, 15 anni per i maschi. Ciononostante, in Iran negli ultimi dieci anni sono state effettuate 73 condanne a morte su minori, 4 solamente lo scorso anno, mentre sarebbero ancora 160 i ragazzi e le ragazze detenuti nel braccio della morte (fonte: Amnesty International). 
La maggior parte delle condanne è legata a reati di omicidio o di droga. Una delle foto ritrae una ragazza che sta allattando un bambino.
"Quella ragazza si chiama Zahra, è sposata da quando aveva 14 anni e quello è il suo secondo figlio. La legge prevede che i neonati fino ai due anni di vita possano restare con le madri in carcere. Non è condannata a morte, ma è già la terza volta che viene arrestata per furto".

Quali sono di solito le origini delle ragazze condannate?
"Come in molti altri luoghi del mondo, spesso le famiglie di provenienza di chi entra in carcere sono povere, a volte con genitori assenti e comunque di classi sociali umili".

Perché ha scelto di fotografare in bianco e nero?
"Ho parlato con due sorelle, una libera e una in carcere. Quella libera mi ha spiegato che sua sorella non provava più gioia e non vedeva più colori, ma tutto nero. Poi quella imprigionata mi ha confermato che vedeva solo dolore intorno a sé e anche se, per esempio, le lenzuola erano arancioni, lei le vedeva nere. Ecco perché ho deciso di scattare in bianco e nero, così è possibile mostrare i sentimenti di dolore di queste ragazze".

Una prigione dovrebbe essere un luogo buio, ma in alcune foto c'è molta luce. È una scelta artistica?
"Ogni foto ha una sua storia. Per esempio una ragazza era in carcere perché aveva confessato un reato di droga per proteggere suo padre. Mi ha detto che si sentiva in un buco e intorno a sé vedeva tutto nero. Per mostrare i suoi sentimenti ho scelto di far vedere un solo punto dal quale entra molta luce e contrasta con l'ambiente molto buio. La luce per loro dovrebbe rappresentare la speranza di libertà, che però loro non hanno. Per questo ho scelto di lasciare la luce in un solo punto, come se fosse bloccata".
C'è stata una foto particolarmente difficile da scattare?
"Sicuramente la foto a Mahsa (la ragazza con le mani che coprono il volto, ndr) è stata una delle più complesse, perché non riuscivo a trovare il modo per esprimere i suoi sentimenti. Mahsa aveva ucciso il padre, che si opponeva al suo fidanzamento con un ragazzo, ma questo dopo il delitto le ha detto che non l'avrebbe aspettata fuori dal carcere perché aveva il timore che potesse uccidere anche lui. E ora lei pensa che se non si fosse innamorata di lui, non avrebbe ucciso il padre. Ho fatto molte foto a Mahsa, ma non riuscivo a mostrare i suoi veri sentimenti. Alla fine ho provato a riportarla a quando è entrata in carcere, mettendola davanti al muro dove scattano la foto segnaletica. In quel momento lei ha iniziato a piangere, ricordandosi di tutto quello che è successo, e si è coperta il volto con le mani".

L'Iran è tra gli Stati che non rispettano la convenzione internazionale che vieta di condannare a morte un minorenne. Con questo progetto vuole sensibilizzare i suoi concittadini su questo tema?
"Uno degli obiettivi del mio lavoro è aiutare i minorenni che soffrono in tutto il mondo. Voglio mostrare i problemi dei bambini a prescindere dal carcere".

Ci sono momenti di speranza?
"Si può percepire nella foto delle due ragazze che si abbracciano o in quella dove sono in cortile per l'ora d'aria. Volevo trasmettere sia i momenti bui sia quelli di speranza. In cortile vedono il cielo e questo per loro può rappresentare il futuro".

di Alvise Losi

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