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domenica 2 ottobre 2016

Si riaccendono le tensioni India/Pakistan nella regione contesa del Kashmir

Radio Vaticana
Torna alta la tensione tra India e Pakistan nelle aree di confine nella regione contesa del Kashmir. Nuovo scambio di accuse tra i due Paesi per la violazione del cessate il fuoco lungo la cosiddetta Linea di Controllo (LoC). Intanto il Segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon ha offerto la sua mediazione per trovare una soluzione diplomatica.

L’evacuazione di migliaia di abitanti dei villaggi di confine con il Pakistan da parte delle autorità indiane è solo uno degli ultimi atti che segnano il crescendo di questa nuova crisi nei rapporti tra New Delhi e Islamabad. Con due comunicati molto simili, gli eserciti dei due Paesi si accusano a vicenda di aver violato il cessate il fuoco, sparando colpi oltre confine senza essere stati provocati. Questo nuovo incidente e' avvenuto due giorni dopo che l'India ha annunciato di avere realizzato una "operazione chirurgica" per distruggere basi terroristiche in territorio pachistano, uccidendo numerosi militanti islamisti e due soldati pachistani. 
Da parte sua Islamabad ha negato che vi sia stato ingresso di militari indiani sul suo suolo. 

Lo scontro si riverbera anche nel settore delle comunicazioni: l'Authority dei media pakistani (Perma) ha reso noto che a partire dal 15 ottobre sarà proibito diffondere i canali televisivi indiani su tutto il territorio nazionale. Inoltre, le principali sale pakistane hanno deciso lo stop alla proiezione di pellicole indiane, mentre il Partito nazionalista indiano ha lanciato un contestato ultimatum di "48 ore" agli "attori e artisti pakistani per lasciare l'India". Sul fronte diplomatico si registra l’iniziativa del Segretario generale dell'ONU Ban Ki-moon che ha offerto la sua mediazione tra le due potenze asiatiche. 

Su le ragioni di questa nuova escalation di tensione sentiamo l’esperta dell’area e giornalista di Limes, Francesca Marino:

R. – C’è una nuova fiammata di tensioni, perché giorni fa una base militare indiana in Kashmir, a Uri, è stata attaccata da un gruppo di militanti e 18 soldati sono morti. L’Esercito e l’Intelligence hanno dichiarato subito che non si trattava di militanti semplici, ma erano stati coordinati, addestrati, gestiti e armati direttamente da forze militari o paramilitari pakistane. A quel punto in India c’è stata una specie di fiammata guidata per ritorsioni. Sempre giorni fa si diceva che gli indiani avessero fatto un’azione oltre la linea di confine. Due giorni fa hanno annunciato di aver fatto quello che hanno definito un “surgical strike” nel Kashmir pakistano. I pakistani negano. C’è tutta una questione: “E’ successo? Non è successo? Come è successo? C’è un soldato indiano catturato in Pakistan o no?” Però questa è la situazione e minaccia di diventare anche più grave.

D. - La questione, quindi, dei militanti islamici radicali resta una delle principali cause delle turbolenze in Kashmir…

R. – Certo, è una questione vecchia ormai di quasi 30 anni e il problema è che i militanti islamici in Kashmir sono addestrati, armati, gestiti e coordinati dal Pakistan. Il problema è questo. Il nocciolo è sempre quello dei rapporti quantomeno ambigui che ha il Pakistan con i terroristi, divisi da sempre in buoni e cattivi. Quelli che chiama “militanti”, cioè eroi per la libertà, che combattono in Kashmir, anche se sono definiti dalla comunità internazionale gruppi terroristici, per il Pakistan non lo sono.

D. – Vale la pena ricordare brevemente quali sono le ragioni storiche che hanno determinato l’instabilità in Kashmir…

R. – Per dirla proprio in pillole - perché è una questione dibattutissima – il Kashmir all’epoca della divisione tra India e Pakistan era uno Stato indipendente, a maggioranza musulmana, ma retto da una dinastia indù. Dopo una serie di vicende, il Maragià che governava il Kashmir ha deciso per l’annessione all’India. In seguito a questo il Kashmir che era ritenuto dai pakistani come naturalmente parte della nazione musulmana, è stato invaso dal Pakistan. Nel corso degli anni si sono combattute quattro guerre – cinque, se si considera Kargil. C’è una risoluzione dell’Onu, tra l’altro proposta dall’India a suo tempo, che stabilisce che venga indetto un referendum per far decidere ai kashmiri il loro destino. Il piccolo particolare è che la risoluzione dell’Onu parla di tutto il Kashmir, cioè di quello indiano, di quello pakistano e probabilmente anche della parte occupata dalla Cina.
D. – Ieri sera il governo di Islamabad ha convocato gli ambasciatori di cinque Paesi membri del Consiglio di sicurezza e Ban Ki-moon ha offerto la sua mediazione tra le due potenze asiatiche. Sul piano diplomatico quali attori possono condurre una trattativa sul Kashmir?

R. – L’India non accetterà mai che la questione del Kashmir venga internazionalizzata. L’India lo ha sempre detto: è una questione che riguarda India e Kashmir. A livello diplomatico, la soluzione della questione è molto complessa e a livello diplomatico è molto complessa la situazione dei due Paesi in questo momento. Anche perché negli ultimi mesi, al tentativo pakistano di premere per una internazionalizzazione della questione del Kashmir, l’India ha risposto sostenendo la causa dei Beluci, cioè del Belucistan, una regione pakistana che, secondo la maggioranza dei suoi abitanti, si trova più o meno nella stessa situazione del Kashmir, nel senso che i Beluci non volevano l’annessione al Pakistan e combattono per ottenere l’indipendenza.

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