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lunedì 5 ottobre 2015

Arabia Saudita - Mobilitazione per salvare Ali al Nimr da una morte atroce. Aderire è un dovere ineludibile

HuffingtonPost
Ali Mohammed al Nimr aveva 17 anni quando nel febbraio 2012 venne arrestato per aver preso parte a una manifestazione nella provincia di Qatif, in Arabia Saudita. Due anni dopo, il 27 maggio scorso, è stato condannato a morte. Sarà decapitato, poi crocifisso e infine lasciato esposto in piazza fino alla putrefazione.

Ali Al Nimr
La sentenza, secondo Amnesty International, non sarebbe stata così dura se Ali non fosse stato nipote di uno dei più conosciuti e determinati oppositori sciiti al regime saudita.
Le accuse vanno dalla partecipazione a cortei antigovernativi, all'aggressione ad esponenti delle forze di sicurezza, dalla rapina a mano armata al possesso di un mitra.

Per fermare la mano del boia si è animata una mobilitazione internazionale rilanciata in Italia da Aki, l'agenzia di stampa in lingua italiana, inglese, araba e farsi del gruppo GMC-ADNKRONOS. Giornalisti, tra cui la sottoscritta, esponenti politici, organizzazioni per la difesa dei diritti umani e intellettuali hanno aderito all'appello che chiede la sospensione della condanna del giovane.

Condividere e rilanciare la mobilitazione per Ali Al Nimr più che un dovere è un atto ineludibile, non solo per chi crede nel rispetto dei diritti umani e ne ha fatto la battaglia di una vita.

L'atroce destino del giovane saudita deve e può essere cambiato. Serve un impegno corale, dalle organizzazioni, alle istituzioni, dal comune cittadino ai media. Per salvare Ali e per ribadire il no alla pena di morte. Sempre e comunque.

Hanno già aderito, tra gli altri, Riccardo Noury (portavoce di Amnesty Italia, Sergio D'Elia (Nessuno tocchi Caino), Piero Fassino e Sergio Chiamparino.

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