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martedì 29 settembre 2015

Passo importante verso la cittadinanza per 700 mila bambini di famiglie straniere che sono nati e studiano in Italia

Avvenire
È arrivato giovedì il via libera dalla commissione Affari costituzionali della Camera alla proposta di legge sulla cittadinanza che introduce il principio dello Ius soli e dello Ius culturae. 

Ha votato a favore la maggioranza, contro la Lega, mentre i membri di Forza Italia e Movimento 5 Stelle? a quanto è stato riferito dalla commissione ? non erano presenti al momento del voto. Il provvedimento arriverà in Aula domani per la discussione generale. Relatore del provvedimento sarà Marilena Fabbri del Pd.
L’iter della proposta di legge si è sbloccato grazie a un accordo di maggioranza che si è concretizzato in due emendamenti firmati da Scelta civica e Nuovo centrodestra. Con gli emendamenti è stato inserito il cosiddetto Ius soli temperato e sono state modificate le regole per lo Ius culturae, con l’obbligo di frequenza di un ciclo scolastico di 5 anni per i minori.

«È una svolta importante, un cambiamento epocale che riguarderà quasi 700 mila persone, sui 986 mila minori che sono nati o studiano in Italia ». Mario Marazziti, deputato di Per l’Italia-Democrazia solidale, è soddisfatto per il via libera arrivato giovedì in commissione Affari costituzionali al ddl sulla cittadinanza agli stranieri. «Così – dice – si crea una 'generazione- ponte'. È la cultura italiana che crea cittadinanza. E i minori diventano elemento di integrazioni per gli adulti. È prevenzione contro la ricerca di identità culturali radicali: mantenere un milione di persone in uno stato di marginalità non crea sicurezza, anzi. Non è un cedimento, ma la prevenzione delle tragedie alla Charlie Hebdo». 

Marazziti, presidente della commissione Affari sociali, racconta che lo stralcio della parte sugli adulti non è stato un passo a cuore leggero, ma è servito «a convincere Ncd e Scelta civica a non rinviare sine die una riforma così importante». Alla vigilia dell’approdo in aula del disegno di legge, Marazziti fa un bilancio del lavoro svolto. Domani la discussione generale, la settimana successiva probabilmente l’approvazione alla Camera.

Alcune associazioni però sono rimaste deluse dall’esclusione dal testo della riforma della cittadinanza degli adulti. È stato difficile l’accordo nella maggioranza?
La relatrice Milena Fabbri del Pd ha fatto un grande lavoro, unificando 29 proposte. Ma il punto chiave politico è stato decidere di discuterla, calendarizzarla e portarla in aula. Per fare un po’ di memoria storica ricordo che il 3 febbraio 2004 veniva presentato alla Camera un primo testo sulla cittadinanza dei bambini figli di immigrati, costruito con la Comunità di Sant’Egidio. Allora parlare di ius culturae era fantascienza. Ci sono voluti 11 anni. Decidere di portarla in aula è stata già una decisione gigantesca. A dire il vero il mio ddl, come altri del Pd e del M5S, comprendeva anche la nuova disciplina della cittadinanza degli adulti, perché quella in vigore è la legge più antiquata d’Europa, con percorsi a ostacoli: dieci anni, più tre per le pratiche, che diventano anche 17 perché, in attesa di documenti dall’estero, succede che la pratica italiana scade. E questo, sommato con la crisi, ci sta facendo perdere gli stranieri più stabilizzati: vanno via famiglie in Italia da 8 o 10 anni. Perdiamo anni di frequenza a scuola, di integrazione, di stranieri che parlano bene l’italiano. Tuttavia la decisione di stralciare la parte sugli adulti è stato un compromesso necessario.

Per quale motivo?
È partita la grande campagna populista e allarmista legata alla vicenda dei migranti. La crescita brutale dei toni poteva portare ad allontanare il più possibile una decisione sulla cittadinanza. C’è stata una richiesta ufficiale del Ncd di non discuterla. Così anche Scelta civica. Il rischio di perdere un’altra legislatura era molto alto. E allora col Pd abbiamo preso a malincuore la decisione di stralciare la parte sugli adulti. Ma come 'zio', in quanto membro di Sant’Egidio, di questa riforma , giudico questo risultato in modo molto positivo.

Il permesso Ue che deve avere un genitore non è un criterio un troppo rigido? Non bastava il lungo soggiorno italiano?
La durata è la stessa, il problema semmai è che i requisiti per il permesso Ue non sono ancora del tutto omogenei in tutte le questure. Alcune guardano con più attenzione alle dimensioni della casa. E in tempi di crisi c’è chi, pur da molti anni qui, ha difficoltà. Abbiamo chiesto al ministero dell’Interno una omogeneizzazione.

Critiche anche sulla discriminante del reddito, non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale. Non è dichiarato nella legge, ma è legato al permesso Ue.
Io infatti avrei preferito il lungo soggiorno, il permesso Ue in qualche misura è una restrizione: ci sarà chi rischia di non avere il permesso Ue perché ha un lavoro peggiore di altri.

Per i non nati in Italia servono cinque anni di frequenza scolastica. In commissione c’era chi ne voleva otto e due titoli di studio.
C’era una forte spinta in questa direzione. Ma i cinque anni di frequenza non sono un dato meno forte del titolo di studio: un diploma si può anche comprare, la frequenza no, è legato a un progetto di vita dei genitori. La scuola crea integrazione, la cultura crea italianità. Anche se è dalla terza elementare alla seconda media.

Sarà possibile recuperare la parte sugli adulti in aula con voti di Sel e M5S?
Sì, ma ci perdiamo tutto il resto, perché si sfalda la maggioranza sulla cittadinanza ai minori: verremmo meno all’accordo che ha permesso la legge. Sugli adulti ripartiremo, appena la legge sarà definitivamente approvata al Senato.

Insomma: intanto portiamo a casa la legge, grazie a questo compromesso.
Un compromesso, lo ripeto, che consentirà un cambiamento epocale. Quello che invece si potrà emendare è sul nodo di quelle decine di migliaia di stranieri che hanno già i requisiti previsti dalla legge, ma hanno già raggiunto la maggiore età e verrebbero esclusi. Serve una norma transitoria, cui sto lavorando e su cui registro consensi. Sarebbe paradossale escludere chi ha maturato più ius culturae.

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