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mercoledì 10 giugno 2015

Pakistan. Pena di morte. Arrestato a 15 anni, impiccato dopo 23 anni in prigione, nonostante i dubbi.

MISNA
Le autorità pakistane della prigione di Kot Lakhpat, nella città di Lahore, hanno informato i media locali che Aftab Bahadur Masih, detenuto da quando aveva 15 anni, nel braccio della morte perché accusato di pluriomicidio, è stato giustiziato questa mattina.

Aftab Bahadur Masih
Aftab Bahadur Masih, 39 anni, cristiano, e un secondo uomo accusato, Ghulam Mustafa, sono stati giudicati colpevoli e condannati a morte per l’omicidio della moglie e dei figli di Akeel Bari, un influente imprenditore di Lahore. 

Bahadur aveva forse 14-15 anni quando è stato arrestato (l’accusa ha sempre sostenuto che ne aveva 20) ed è stato condannato a morte nel corso di un processo molto rapido, mentre Mustafa, l’uomo accusato con lui, è stato graziato da un parente della vittima. In libertà, Mustafa ha detto agli avvocati di aver incolpato Aftab sotto tortura. Il ragazzo lavorava con lui quando sono stati arrestati nel 1992.

In prigione, Aftab aveva imparato a disegnare e a dipingere e in un suo recente scritto aveva parlato del “limbo” in cui si trovava nel braccio della morte. “Per molti anni da quando avevo appena 15 anni sono stato incagliato tra la vita e la morte (…) Dubito che ci sia qualcosa di più terribile che sentirsi dire che devi morire e poi restare seduto per anni in una cella di prigione, solo, in attesa di quel momento” ha scritto Aftab che si è sempre dichiarato innocente.

I suoi avvocati avevano presentato richieste di grazia e ricorsi presso numerosi funzionari pakistani, tra cui il presidente Mamnoon Hussain, e speravano di poter risparmiare Aftab Bahadur Masih dalla morte. Anche l’arcivescovo di Karachi, monsignor Joseph Coutts, presidente della Conferenza episcopale pakistana, e le organizzazioni dei diritti umani della Chiesa cattolica pakistana avevano chiesto al presidente Mamnoon Hussain di concedere la grazia a un cristiano condannato a morte quando era minorenne al momento del presunto reato.

Attivisti dei diritti hanno definito quello dell’impiccagione di Aftab “un giorno vergognoso per la giustizia pakistana”. “Il Pakistan ha rifiutato anche di concedere ai suoi avvocati i pochi giorni necessari per presentare le prove che avrebbero dimostrato la sua innocenza” ha affermato in un comunicato Maya Foa, direttore di Reprieve, l’organizzazione che promuove la campagna contro la pena di morte.

[PL]

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