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domenica 28 giugno 2015

Gli amici di Sant'Egidio ricordano Silvia Bonucci ad un mese dalla sua scomparsa

E' passato un mese dal 28 maggio quando ci ha lasciato Silvia Bonucci, nei giorni passati in molti l'hanno ricordata come amica dai tanti interessi e dai molteplici impegni: scrittrice, traduttrice, collaboratrice di più di un regista (soprattutto di Nanni Moretti), animatrice dei Girotondi, amante della sua Maremma, innamorata di Trastevere dove aveva una casa che adorava; serenamente fiera della sua radice familiare ebraica. In molti l’abbiamo salutata il 2 giugno nella piccola chiesa di Sant’Antonio Abate del piccolo centro di Riotorto, vicino a Piombino. In una strada dei dintorni un grave incidente che ce l’ha portata via, mentre stava andando al mare con la mamma e con la sua inseparabile cagnolina Rughetta.
Silvia era una donna complessa, curiosa, sensibile. Era sempre attenta a coltivare le amicizie con la stessa cura con cui nell’infanzia aveva visto i contadini di Riotorto coltivare la terra. Con precisione, fedeltà, amore, senso del giusto.

Tra le amicizie coltivate ci sono anche quelle con alcuni poveri di Trastevere che aveva incontrato alla fine degli anni Novanta cominciando ad aiutare una volta a settimana nella mensa per le persone in difficoltà che la Comunità di Sant’Egidio ha aperto nel quartiere romano. A meno che non fosse fuori per lavoro o nella sua Maremma, per più di 15 anni Silvia ha speso i sui sabato pomeriggio a servire pasti a chi fa i conti con la povertà. Le piaceva che in quel luogo chi vive per strada trovasse un luogo dove sedersi ed essere servito. E lei serviva volentieri. Ne faceva occasione per conoscere chi è in difficoltà, per interrogarsi con i suoi amici di Sant’Egidio sulle cause di tanto impoverimento e su come render meno pesante la vita di chi soffre. Settimanalmente, lei, da laica, intrecciava la sua vita e il suo impegno con dei credenti, perché fianco a fianco si lavorasse per un po’ di giustizia subito. Dare da mangiare a chi ha fame, da bere a chi ha sete, vestire chi ha freddo.

Anche l’amata Rughetta, la cagnetta che aveva adottato, e che è morta con lei, era frutto dell’incontro con questo mondo di povertà: l’aveva “ereditata” da un ragazzo che viveva per strada.
Ad Auschwitz-Birkenau
Aveva messo in più di una occasione il suo mestiere di traduttrice a servizio dei progetti di Sant’Egidio. Lo aveva fatto sempre gratuitamente, soprattutto in occasione di alcuni grandi incontri di leader religiosi mondiali per la pace, nel solco del grande incontro di Assisi del 1986. Con i suoi amici di Sant’Egidio era stata a Cracovia nel settembre del 2009, per ricordare lo scoppio della seconda guerra mondiale, e in quell’occasione visitò per la prima volta - forse l’unica - il campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, in lacrime. L’anno seguente, nell’ottobre, volle tornare a tradurre per un nuovo incontro di leader religiosi a Barcellona e portò con sé anche la mamma. Generalmente passava il Natale a Parigi, con la madre e la famiglia del fratello Nicola. Ma un Natale – mi pare fosse quello del 2011 - rimase a Roma e volle venire a servire ai tavoli del pranzo che il 25 la Comunità di Sant’Egidio allestisce per i bisognosi nella Basilica di Santa Maria in Trastevere. Fu una giornata intensa e bella, di cui fu felice.

Chi conosceva Silvia ha l’impressione di avere un piccolo o grande conto in sospeso: una cena fissata, un film da andare a vedere, un viaggio da fare, un libro da leggere e commentare, una chiacchierata da continuare, magari solo un caffè da prendere assieme, o il mondo da raddrizzare. Chissà se Silvia amerebbe che non ci privassimo della speranza di credere che avremo l’occasione di farlo ancora quando - come recita un salmo citato ne Il pranzo di Babette - «Amore e verità s'incontreranno, giustizia e pace si baceranno».

Gli amici della Comunità di Sant'Egidio

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