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martedì 12 maggio 2015

Mauritania, condannato a morte per aver scritto un “post” su Maometto

Corriere Sociale
Nouadhibou – Marcisce in carcere da più di un anno e condannato a morte aspetta la sua ora. Mohamed Cheikh ould Mohamed ould Mkhaitir, un ingegnere di 29 anni, figlio del prefetto di Nouadhibou, è stato condannato a morte per apostasia. E’ solo e senza protezione, nessun avvocato vuole difenderlo e gli estremisti islamici reclamano la sua testa. L’apostasia è considerata dal mondo islamico un reato, da punire con la pena capitale.



Mohamed Cheikh
ould Mohamed ould Mkhaitir
 
Nonostante la Mauritania sia una Repubblica islamica dove è in vigore la sharia ma dove le sentenze estreme, come la pena di morte o di flagellazione, non vengono più applicate da circa tre decenni, per il giovane Mkhaitir sembra non esserci scampo. E’ stato prelevato dalla sua abitazione e poi rinchiuso in cella perché accusato di aver redatto sul suo blog un articolo blasfemo e oltraggioso nei confronti del profeta Maometto. Accusa da lui respinta, poiché la sua intenzione non era quella di criticare il profeta ma solo di difendere la sua categoria sociale considerata di basso rango e quindi discriminata: la casta dei maniscalchi.

In un secondo momento il giovane ha manifestato pentimento di fronte alla corte, la quale invece non lo ha ritenuto sincero e quindi da condannare. La pronuncia del verdetto è stata salutata in città da scene di gioia e allegria. Gli abitanti sono scesi in strada festeggiando e gridando “Allah Akbar”, Dio è grande.

L’osservatorio internazionale per i diritti Ossin si è dato subito da fare ed è sceso in campo. L’Unione delle camere penali italiane ha incaricato il presidente di Ossin Nicola Quatrano e il giudice Giuliana Pollio di seguire il processo d’appello contro Mkhaitir. Il presidente Quatrano si è recato personalmente a Nouakchott e poi a Nouadhibou, dove ha incontrato la militante mauritana per i diritti umani, presidente dell’ong Afcf (Associazione delle donne capi di famiglia), Aminetou Mint Moctar, che si sta battendo per la liberazione del giovane mauritano e anche la sorella dell’imputato.

«Il grosso problema da fronteggiare – spiega il presidente di Ossin, Nicola Quatrano – è quello di dare al più presto una difesa a questo ragazzo. Stiamo cercando avvocati arabi per difenderlo in appello, nonostante questi siano reticenti per non andare contro la volontà del presidente della Repubblica islamica della Mauritania, Mohamed Abdel Aziz e della sua gente». Per questo motivo l’osservatorio Ossin organizzerà una raccolta di fondi tramite il finanziamento collettivo del crowdfunding, per fare fronte alle ingenti spese processuali.

Il giovane condannato a morte ha rivolto un appello, tramite l’Ossin «a tutta la famiglia umana, a tutte le persone di buona volontà, a tutte le ong che lottano per la libertà e l’umanesimo e a tutti i paesi che tutelano le libertà e la libera espressione perché mi sostengano con una presenza massiccia al processo di appello. Ho bisogno del sostegno di tutti e ho anche bisogno di un aiuto economico per coprire le spese della mia difesa».

di Roberta Falasca

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