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domenica 26 aprile 2015

Azerbaijan: Rasul Jafaroz, uno degli ultimi paladini dei diritti umani nel paese nella “black list” del World Press Freedom Index

Articolo 21
L’Azerbaijan occupa il 162° posto su 180 disponibili del World Press Freedom Index. La lista, aggiornata ogni anno da Reporters Sans Frontieres, si basa su una serie di parametri necessari a classificare il “grado di libertà” di ciascun paese. Le ultime 20 posizioni sono riservate agli stati della cosiddetta “black list”, la sezione finale caratterizzata perlopiù da regimi totalitari. Nella descrizione dedicata all’Azerbaijan, gli autori di RSF fanno riferimento a un governo “intento a mettere a tacere le ultime voci indipendenti […] riservando lo stesso trattamento a giornalisti, bloggers e attivisti per i diritti umani”.


In questo clima di censura e repressione si colloca il lavoro di Rasul Jafarov, avvocato, nonché strenuo difensore delle libertà negate ai propri concittadini. Da anni Jafarov associa al proprio impegno come reporter d’inchiesta, il coordinamento e l’organizzazione di eventi finalizzati a promuovere quei valori soffocati dalle autorità nazionali. Come presidente del “Human Rights Club” (“HRC”, ONG nata nel 2010 la cui registrazione ufficiale è stata più volte rifiutata dal governo), Jafarov ha partecipato attivamente ad iniziative di grande successo quali la “Sing for Democracy” e la “Art for Democracy”, campagne lanciate al fine di salvaguardare la libertà d’espressione di musicisti ed artisti. In occasione dei Giochi Europei in programma a Baku tra il 12 e il 28 Giugno, gli attivisti di HRC avrebbero in programma “Sports for Human Rights”, un’occasione unica per fondere l’etica sportiva con l’affermazione dei diritti umani. Uso il condizionale perché Rasul Jafarov è stato condannato il 16 Aprile a 6 anni e mezzo di carcere. La corte di Baku per i “Crimini Gravi” lo ha infatti imputato di “illegal business”, “tax evasion” e “abuse of power”. Al pari di molti personaggi scomodi al regime, Jafarov dovrà rispondere di capi d’accusa di dubbia attribuzione.

Thomas Hughes, direttore esecutivo dell’associazione Article19 ha espresso tutto il proprio straniamento nel descrivere la natura dei fatti: “Questa sentenza è una punizione ridicola per l’attività svolta da Jafarov nella difesa dei diritti umani. Il regime autoritario di Baku teme le attenzioni che Jafarov potrebbe attrare durante gli europei di Giugno e il Gran Premio di Formula 1 del 2016”. Article19 si è inoltre schierata con i rappresentanti di “Sport for Rights” non solo nel richiedere l’immediata liberazione di Jafarov, ma anche nella speranza di allontanare quegli esponenti del regime che praticano un’indistinta e sistematica censura.

Il Press Freedom Index descrive un paese in netto declino: l’Azerbaijan ha perso 2 posizioni rispetto al 2014 e, data l’imminente organizzazione di eventi sportivi di livello internazionale, è lecito attendersi che il regime di İlham Əliyev si servirà di qualsiasi strumento (lecito e non) per mantenere l’ordine. Date queste premesse, sarebbe alquanto inaspettato attendersi una sentenza a lieto-fine nel processo Jakarov, ma, nella speranza di un colpo di scena, tanto vale mantenere il condizionale.

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