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martedì 21 ottobre 2014

L’odissea dei profughi dalla Nigeria: da Boko Haram all’inferno del Camerun

Redattore Sociale
Dalla padella alla brace: molti di coloro che sono scappati dal nord del paese per sfuggire alle violenze del gruppo terrorista si ritrovano in un campo profughi sovraffollato, con un wc ogni 136 persone (anziché 50) e gravi problemi igienici
Nairobi - Coloro che nelle ultime settimane sono scappati dagli attacchi di Boko Haram nel nord della Nigeria speravano perlomeno di trovare delle aree dove poter vivere decentemente. Per questo chi ha cercato rifugio in Camerun se ne sta pentendo malamente, essendo costretto a vivere in condizioni riprovevoli nei campi profughi. I volontari al campo di Minawao, nel nord del Camerun, lo descrivono come un incubo che tutti i rifugiati vorrebbero dimenticare.


Innanzitutto il campo è già sovraffollato e contiene 15 mila profughi, a detta dell’Unhcr. Inutile dire che i servizi non sono sufficienti e non si riesce a far fronte ai bisogni fisiologici dei rifugiati. Secondo Muhamat Alhidi, responsabile Unhcr del campo, "il sovraffollamento ha raggiunto un livello troppo alto: dobbiamo agire con urgenza per mettere altre tende, garantire maggiori servizi igienici e costruire nuovi pozzi". Aggiunge che nel campo ci sono appena 110 wc funzionanti per l'intera popolazione. Ciò significa che ogni latrina viene condivisa in media da 136 persone, ben oltre la soglia - una latrina ogni 50 persone - dettata dalle norme internazionali sui siti di emergenza come i campi profughi.

Inoltre a causa del sovraffollamento i 9 mila ultimi arrivati vivono in 57 tende da 100 posti ognuna, o in 14 aule. "Mi chiedo cosa accadrà in futuro, dato che già ora andiamo avanti per giorni senza acqua e i bagni sono pieni. Ci sono feci dappertutto", dice Konye Shetima che viene dal Borno.

Non aiuta a risolvere la situazione il fatto che questo sia l'unico campo profughi nel nord del paese. I rifugiati non hanno accesso all'acqua: donne e bambini devono camminare decine di chilometri per raggiungere i pochi punti dove ottenerla. Molti di loro hanno subito stupri nel tragitto. Patima Mohammed, una rifugiata, si lamenta: "Facciamo file lunghissime tutto il giorno nella speranza che ci venga data dell'acqua. Spesso lasciamo per giorni i nostri recipienti in fila... Le donne patiscono ogni giorno lunghi pellegrinaggi in cerca di acqua e quando torniamo i nostri bambini piangono 'Mamma, mamma, ho fame'".

Un'altra rifugiata, Mariam Unana, condivide le sue frustrazioni: "I bagni sono pieni e sono costretta a portare mio figlio dietro le tende a fare i bisogni. Gli adulti vanno fra gli arbusti, oppure nei ruscelli non troppo lontani da qui". Per evitare assalti notturni le donne si liberano dei bisogni corporali in prossimità delle loro tende. Di conseguenza il campo è cosparso di escrementi intorno alle tende.

A peggiorare le cose, a causa delle precarie condizioni igieniche, è scoppiata un'epidemia di morbillo che minaccia i bambini del campo e dei villaggi vicini. Per combatterla l'Unicef ha lanciato un programma di vaccinazione contro il morbillo per i bambini dai sei mesi ai 15 anni.

In esclusiva da News from Africa

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