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lunedì 4 agosto 2014

Honduras, assassinato Herlyn, Espinal un giornalista: è l'ennesima uccisione di un difensore dei diritti umani

La Repubblica
Herlyn Espinal lavorava alla tv locale Canal 3 di San Pedro Sula, seconda città del Paese. Negli ultimi dieci anni, sono 37 gli assassinii di giornalisti, quasi tutti impuniti, nel Paese con il più alto tasso di omicidi al mondo. L'onlus Soleterre denuncia la collusione o l'indifferenza delle autorità verso i Difensori dei diritti umani
Milano - "Rappresentava una nuova generazione di giornalisti dinamici e creativi che cercano la verità", così monsignor Rómulo Emiliani, vescovo di San Pedro Sula, seconda città dell'Honduras, ha ricordato Herlyn Espinal, 32 anni, giornalista televisivo dell'emittente locale Canal 3. È stato trovato senza vita, con ferite di arma da fuoco, nella zona di La Danta, 130 km a nord della capitale Tegucigalpa, una decina di giorni fa. Il giovane era stato visto l'ultima volta domenica a bordo della sua automobile, di fronte alla casa della madre; stando alle testimonianze, al suo veicolo se n'era affiancato un altro con a bordo tre persone.

Il più alto tasso di omicidi al mondo. Espinal coordinava il notiziario "Hoy Mismo" di Canal 3. "È un duro colpo per il giornalismo in Honduras" ha commentato il presidente del Collegio dei giornalisti, Juan Mairena. Si ignora ancora l'esatta dinamica dei fatti, ma gli indizi fanno ipotizzare che la morte sia collegata ai temi che trattava nel suo lavoro. Del resto, secondo la Commissione nazionale dei diritti umani, negli ultimi dieci anni sono 37 gli operatori dei media assassinati in Honduras, dove secondo l'ufficio delle Nazioni Unite, dedito alla lotta al traffico di droga e al crimine si registra il più alto indice di omicidi del pianeta, 90,4 ogni 100.000 abitanti. A colpire è anche il dato sull'impunità, calcolata al 97% se si tiene conto che solo per uno dei 37 omicidi il colpevole è stato condannato.

Cosa rischiano i Difensori dei diritti umani. Valentina Valfrè, responsabile Programma Diritti di Soleterre, Onlus dal 2011 impegnata in Centroamerica nella difesa di attivisti locali, commenta: "È molto doloroso assistere all'ennesima morte annunciata di un Difensore dei diritti umani, perché così vanno a tutti gli effetti considerati i giornalisti e le persone e organizzazioni che quotidianamente si battono per la tutela dei diritti umani e l'affermazione dello Stato di diritto. In Centramerica, coloro che denunciano la situazione dei giovani, delle donne e dei migranti, l'imperversare della criminalità e della corruzione, la piaga della tratta di esseri umani, subiscono sistematiche aggressioni nella sostanziale indifferenza delle autorità statali e purtroppo spesso anche di quelle internazionali".

La blogger lasciata senza protezione. Per mantenere alta l'attenzione, la Onlus ha promosso la campagna Sin Nombre: "Nel 2012 siamo dovuti intervenire a tutela di Itsmania Pineda Platero, una giornalista e blogger honduregna oggetto di minacce di morte e persecuzione insieme alla sua famiglia". Al telefono, le urlavano: "Cagna, ti ammazziamo" e le facevano sentire il rumore del clic di un grilletto dicendole: "Da un momento all'altro veniamo a prenderti e ti lasciamo al Crematorio", ovvero la principale discarica di Tegucicalpa, dove già in passato sono stati ritrovati i corpi di attivisti assassinati. Nonostante un appello internazionale lanciato da Amnesty International, la Pineda Platero, inserita nei 100 eroi della comunicazione daReporter senza frontiere, è stata lasciata senza alcuna misura effettiva di protezione, permettendo a minacce e aggressioni di continuare.

La collusione delle istituzioni. Nel suo caso, come spesso succede, le intimidazione arrivavano anche da parte della polizia e dalle autorità. In una dichiarazione congiunta del 26 ottobre 2013, alcune organizzazioni della società civile (Rete Regionale delle Organizzazioni Civili per le Migrazioni, Rrocm, Cejil e Cadhac) hanno spiegato: "È estremamente grave che l'amministrazione della giustizia non protegga il diritto alla consultazione e che i pubblici ministeri perseguano accuse penali contro i difensori dei diritti umani". Che qualcosa non funzioni in Honduras lo ha detto anche il Relatore Speciale dell'Onu sul monitoraggio della situazione dei Difensori dei diritti umani, Margaret Sekayya, durante la sua visita nel 2012: "A causa della loro attività, i difensori dei diritti umani e le loro famiglie corrono il rischio di esecuzioni extragiudiziali, sparizioni forzate, torture e maltrattamenti, detenzione e privazione arbitraria della libertà, minacce di morte, aggressioni, sorveglianza, molestie, accuse, spostamenti ed esilio forzato".

La Legge sulla Protezione messicana. Da qui la richiesta di varie associazioni al Governo dell'Honduras di approvare la Legge sulla Protezione dei Difensori dei Diritti Umani, Giornalisti, Mediatori sociali e Operatori di giustizia, sul modello di quella varata in Messico due anni fa, dopo che, tra il 2006 e il maggio 2012, erano stati uccisi 45 giornalisti. Tra di loro, María Elizabeth Macías Castro, 39 anni, del Movimento Laico Scalabriniano, diventata nemica dei narcos e dunque presa di mira personalmente. Lavorava presso il giornale "Primera Hora" di Tamaulipas e alla Casa del Migrante di Nuevo Laredo, fino a quando è stata sequestrata il 22 settembre 2011 e il suo corpo senza vita è stato rinvenuto in una strada di Nuevo Laredo, decapitato e orrendamente mutilato.

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