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martedì 14 gennaio 2014

Psichiatria e diritti umani: Elettroshock, è ora di dire basta! In Italia centinaia ogni anno.

L'Opinione
Riceviamo e pubblichiamo dal Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani Onlus un articolo a cura dello psichiatra americano Peter Roger Breggin.

Quando, nel corso del mio tirocinio in psichiatria, mi trovai a sottoporre alcuni pazienti a elettroshock (o TEC - terapia elettroconvulsiva), essi mi rivolgevano questa disperata preghiera: “Per favore, basta elettroshock!”. Dopo due o tre trattamenti, smettevano di esprimere alcunché e la loro “terapia” poteva proseguire senza reclami. Recentemente ho raccolto sul sito www.ectresources.org una collezione gratuita di documenti per aiutare la gente ad opporsi alla TEC. Comprende più di 100 articoli sottoposti a “revisione paritaria”, ricercabili tramite parole chiave come “brain damage” (danni al cervello), “memory loss” (perdita di memoria) ecc. È anche possibile scaricare una brochure dedicata ai pazienti e i loro familiari. La TEC prevede l’applicazione di due elettrodi sulla testa, per far circolare una corrente elettrica sufficiente a generare convulsioni di tipo epilettico.

La corrente elettrica e le convulsioni danneggiano sempre il cervello in quanto causano sempre un coma profondo immediato, spesso accompagnato da un grafico di onde cerebrali piatte – simili a quelle che si hanno in seguito a morte del cervello – seguito inevitabilmente da segni di grave trauma cranico, come perdita di memoria, disorientamento, confusione, incapacità di giudizio, perdita di personalità e instabilità emotiva. I sintomi peggiorano e diventano permanenti all’aumentare del numero di trattamenti. Siccome almeno uno degli elettrodi, e spesso entrambi, viene posizionato sui lobi frontali, la TEC produce una vera e propria lobotomia elettrica.

Da diversi anni la TEC viene praticata sotto anestesia generale, ma questo non ne cambia la sostanza e non la rende più sicura. L’anestesia veniva già usata durante il mio tirocinio ad Harvard nel 1963-64, e uno dei suoi effetti è che rende necessaria una scarica molto maggiore per provocare le convulsioni rispetto al passato. Per esempio, agli albori dell’elettroshock si ottenevano convulsioni applicando corrente per un decimo di secondo, mentre oggi sono necessari fino a 6 secondi: una durata 60 volte maggiore! La TEC moderna è dunque persino più dannosa rispetto al passato.

Studi condotti su grandi mammiferi lo confermano: dosi relativamente basse di TEC causano delle micro emorragie e la morte di cellule cerebrali. Hartelius ha mostrato come il danno da TEC sui gatti sia sempre visibile al microscopio. A volte il danno è visibile persino su persone vive, tramite scansioni cerebrali con tecniche radiologiche avanzate. La ricerca mostra che la TEC non previene il suicidio, ma invece lo può causare. Studi clinici controllati mostrano inevitabilmente che essa non produce alcun beneficio.

Altri studi dimostrano un tremendo appiattimento emotivo durante la fase acuta del danno cerebrale e per le quattro settimane immediatamente seguenti il trattamento, erroneamente identificato come miglioramento. Lo ricordiamo: tutti questi studi sono disponibili su www.ECTresources.org. I familiari dovrebbero fare di tutto per impedire che i loro cari vengano sottoposti a elettroshock. Se la terapia è già in corso, i familiari o amici dovrebbero attivarsi per interromperla al più presto: non si fa alcun danno se s’interrompe il trattamento e, anzi, prima lo si fa e meglio è. Siccome la TEC rende le vittime più sottomesse e incapaci di protestare in maniera efficace, è presto diventata un abuso. Questa pratica dovrebbe essere abbandonata dai medici e vietata dalle leggi dello Stato.


Peter Breggin è uno psichiatra libero professionista nel suo studio di Ithaca, nello stato di New York. È direttore del Centro per gli Studi su una Terapia Empatica, e autore di dozzine di articoli scientifici e oltre venti libri. In Italia nel febbraio 2013, la Commissione d’inchiesta sul Servizio Sanitario Nazionale presieduta dal senatore Ignazio Marino, durante la presentazione in Senato della relazione finale della commissionae, mette in evidenza che dal 2008 al 2010 in Italia i casi di pazienti che hanno ricevuto una terapia elettroconvulsivante, l’elettroshock, sono oltre 1.400 in ben 91 strutture ospedaliere.

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