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martedì 5 novembre 2013

Egitto, bambini siriani sopravvissuti al naufragio arrestati e tenuti in carcere nel campo militare di El Dkhela

La Repubblica
La storia di Esraa che, a 10 anni, è rimasta sola e tenuta in carcere con l'accusa di "immigrazione illegale". Lei come tanti altri ragazzini, anche più piccoli, sono sopravvissuti al naufragio avvenuto nella notte del 15 ottobre scorso a 500 metri dalla costa egiziana, a largo di Alessandria

IL CAIRO - Esraa ha solo dieci anni e lunghi capelli castani. Nella mano stringe un pettine rosso, da cui non si separa mai. Il suo corpo minuto riempe appena la maglietta grigia, che ancora indossa dalla notte del naufragio. La notte del 15 ottobre scorso Esraa era con il padre sulla barca affondata al largo di Alessandria, a soli cinquecento metri dalla coste. La guardia costiera egiziana ha però impiegato quasi otto ore a soccorrere i naufraghi. Tredici profughi, per la maggior parte siriani e palestinesi, sono morti mentre il numero dei dispersi è ancora incerto. Secondo la ricostruzione dei sopravvissuti, il padre di Esraa, un siriano di origine palestinese nel tentativo di sostenere con le braccia la figlia al di sopra delle onde, è affogato dopo pochi minuti. La bambina invece è rimasta a galla, abbracciata al collo del padre, fino all'arrivo dei soccorsi. Da quel giorno Esraa è detenuta dalle autorità egiziane nel campo militare della prigione di El Dkhela, con l'accusa d'immigrazione clandestina.

O hai i soldi o torni nella guerra. "Tutti i giorni se ne sta sul suo materasso polveroso, in un angolo del campo. Le poche volte che si alza, lo fa per guardarsi allo specchio e sistemarsi i capelli con il suo pettine rosso, l'unica cosa che le è rimasta del suo passato", dice Mahynuur El Massri, attivista egiziana che fa visita ai rifugiati siriani detenuti nel campo. Secondo il rapporto di Amnesty international pubblicato lo scorso 17 Ottobre, il governo egiziano sta sistematicamente arrestando i rifugiati siriani, detenendoli ad oltranza in condizioni sanitarie pessime. I profughi che non trovano i soldi per andare in Libano o in Turchia (unici paesi disposti ad accoglierli) sono forzati a firmare delle carte per essere deportati in Siria.

Gli arresti senza reati né accuse. Sempre secondo il rapporto, molti arresti avverrebbero senza ragioni valide. Nella sola giornata del 17 settembre, in un caffè di Alessandria, in una delle zone più frequentate dalla comunità siriana, settanta siriani sono stati arrestati, solo perché sospettati di pianificare un viaggio clandestino, e sono tutt'ora detenuti in una stazione di polizia. Circa settecento rifugiati sono già stati deportati, tra cui duecento minori, di cui circa settanta senza genitori. Oggi solo ad Alessandria, ci sono ancora trecento rifugiati siriani detenuti, di cui quindici sono minori senza genitori.

I bambini ancora nelle carceri. I bambini sono stati arrestati assieme alle famiglie o sopra una barca che cercava di raggiungere le coste europee, o perché ai genitori non sono stati rinnovati i documenti per rimanere in Egitto. Secondo il governo egiziano, dovrebbero essere espulsi, senza tener conto, che la maggior parte dei rifugiati una volta tornati in Siria, rischiano di essere perseguitati dal regime. "Nel carcere di Karomuoz nella periferia di Alessandria, assieme ai suoi genitori c'è il piccolo Mohamed, che ha solo due mesi, ma è detenuto da quando aveva quindici giorni", racconta Thaer Mukhtar, un medico egiziano che in questi mesi ha visitato i detenuti.

Il reimpatrio di regazzini rimasti soli. Nella stessa stazione ci sono anche Zaher, sedici anni, Hamed quattordici anni e Mohammed di otto, che sono stati arrestati da soli e rischiano di essere rispediti in Siria da un giorno all'altro. Nella stazione di Abo qir invece, nel vicino governatorato di El Behara, sono detenuti Khaled e Reda, due gemelli di un anno, arrestati con i genitori che non avevano il permesso di soggiorno. Pensando ai bambini detenuti, Mukhtar non riesce a scordare la storia Magdy Soliman, 10 anni, detenuto diciassette giorni nella stazione di polizia di Karmouz, dopo esser sopravvissuto al naufragio di una nave clandestina nei primi giorni di settembre, nel quale aveva perso la madre, la zia e la sorella. Dopo essere stato portato in Libano, è stato deportato in Siria completamente da solo, "mi ero raccomandato con lui di chiamarmi dall'aereoporto, ma il suo telefono non ha mai più squillato e nessuno sa più nulla di lui".

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