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mercoledì 25 settembre 2013

Libia: Rapporto Onu; ottomila detenuti in mano alle milizie fuori da controllo dello Stato

Aki
Circa ottomila persone in Libia sono detenute in carceri gestite dalle milizie e dunque fuori dal controllo dello Stato a oltre due anni dalla rivoluzione che ha portato al rovesciamento del regime di Muammar Gheddafi. È quanto denuncia un rapporto Onu presentato al Consiglio di Sicurezza, nel quale si definisce "inaccettabile" una condizione che vede molti detenuti vittime di torture e maltrattamenti.

"Abbiamo un grande problema. Ma è un problema che stiamo cercando di affrontare", ha detto in merito il ministro della Giustizia libico Salah Marghani, contattato dall'agenzia di stampa dell'Onu Irin. "Non abbiamo rinunciato (ad affrontare la questione, ndr).

Anche se le circostanze sono difficili, stiamo ancora cercando di migliorare la situazione", ha aggiunto. Nel rapporto Onu si stima che siano circa ottomila le persone arrestate dalle milizie, alcune detenute in strutture che solo "a livello nominale" sono sotto l'autorità dei ministeri della Giustizia o della Difesa, e la maggior parte in mano a "brigate armate non affiliate allo Stato in alcun modo". "Sono profondamente preoccupato per i progressi lenti e insufficienti per il trasferimento allo Stato dei detenuti che sono sotto la custodia delle brigate armate", ha detto il Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon.

Secondo dati Onu, ci sono prove che almeno 10 dei decessi avvenuti sotto custodia quest'anno sono stati determinati da torture e nessun responsabile è stato consegnato alla giustizia. Ci sono inoltre prove che dimostrano che continuano le torture anche nelle carceri controllate dal governo di Tripoli. "Ad ora, l'unico fattore che ha fatto calare il numero di detenuti maltrattati e torturati sono state le crescenti evasioni di massa", ha detto la ricercatrice di Amnesty International Magda Mughrabi.

"Abbiamo visitato carceri dove gli abusi avvenivano in modo sistematico - ha spiegato Mughrabi - Spesso le milizie andavano e venivano a loro piacimento, anche se le carceri erano teoricamente sotto il controllo del governo. (I miliziani, ndr) erano meglio armati rispetto alla polizia penitenziaria e trattavano i prigionieri come volevano.

In un centro di detenzione abbiamo anche registrato un caso di un detenuto rapito in cella da un miliziano". Amnesty International ha anche denunciato casi di detenuti picchiati con tubi di gomma, ustionati e sottoposti a scariche elettriche.

I detenuti hanno anche raccontato all'organizzazione di essere stati feriti ai genitali e che è stato loro spruzzato insetticida negli occhi. "Siamo ancora in uno stato di rivoluzione - ha detto il ministro della Giustizia Marghani - Basta vedere la quantità di armi che è ancora in circolazione. Il livello di controllo che si può avere in una simile situazione è limitato".

Marghani spiega che oltre diecimila ex ribelli che sono stati integrati nella polizia penitenziaria hanno solo un addestramento di base e questo è un aspetto che la Libia sta cercando di modificare con l'aiuto della comunità internazionale.

"Abbiamo un buon programma per addestrare le guardie penitenziarie in sede, ma la nostra capacità è limitata", aggiunge il ministro. La missione Onu di sostegno alla Libia, insieme alla Ue e alla Gran Bretagna, ha avviato un programma di addestramento della polizia penitenziaria e giudiziaria, ma il livello di assistenza non è sufficiente.

"Il numero di coloro che necessitano di addestramento è enorme. Senza un programma su larga scala è impossibile cambiare la cultura in queste istituzioni", ha detto Karim Salem dell'Organizzazione mondiale contro la tortura.

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