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lunedì 22 luglio 2013

Emirati Arabi - Condannata al carcere perché stuprata: la falsa modernità di Dubai

The Blasting News
La legislazione di Dubai, come gran parte dei paesi islamici, prevede la condanna come adultera per le donne violentate.
La giovane Marte Deborah Dalelv, donna norvegese di 24 anni, è stata condannata a 16 mesi di carcere per adulterio a Dubai perché ha "incautamente" denunciato, nell'immediatezza dei fatti, di essere stata violentata nella sua stanza di albergo a Dubai; la malcapitata è stata infatti sottoposta immediatamente a fermo di polizia per tre giorni, a visita ginecologica e ad analisi del sangue per verificare la presenza di alcool. La Dalelv ha deciso di far conoscere il suo atroce caso per mettere in guardia le donne occidentali, siano turiste in vacanza o lavoratrici in quei paesi.

Da più parti si grida allo scandalo, come nella dichiarazione del ministro degli Esteri norvegese, Espen Barth Eide: "Questa sentenza è un pugno in faccia alla nostra nozione di giustizia" nonché "altamente problematica dal punto di vista dei diritti umani"

Sono diverse le dichiarazioni contro lalegislatura degli Emirati Arabi che impedisce alle donne di ottenere giustizia nei casi di violenza sessuale, anche per la grande ipocrisia che sottostà al divieto del consumo di alcool, tollerato se avviene al di fuori degli sguardi della giustizia, così come sono tollerati i costumi sessuali libertini: è noto infatti che nel Paese il mercato della prostituzione sia molto attivo.

Il problema è purtroppo antico, ma solo ora che viene colpita una occidentale se ne parla apertamente. Perché sia provata la violenza la legge prevede o la piena confessione dello stupratore o la testimonianza di quattro uomini presenti all'atto.

E così che il lungo elenco vede Gulnaz, la donna condannata in Afghanistan nel 2009 a sposare il proprio carnefice, fino alla ragazza di 19 anni della città di Al Qatif che dopo essere stata violentata da sei uomini fu condannata a sei mesi di carcere e a 200 frustate. E ancora Hina, la ragazza di 14 anni che dopo essere stata stuprata venne condannata secondo la shiari'a islamica del Bangladesh a 101 colpi di frusta, per morire dopo una agonia di 6 giorni.

Sono tante le vittime della follia che vede le donne esseri diversi ed inferiori nei paesi islamici, come la donna di Jeddah che, stuprata dal branco e rimasta incinta, viene poi condannata, sempre per adulterio, ad un anno di carcere e a 100 frustate da comminare dopo aver superato la gravidanza in carcere. La sua colpa fu quella di aver chiesto un passaggio in auto, nel paese dove le donne non hanno diritto alla patente.

Se non bastasse l'elenco infinito di condanne simili, va anche ricordato che lo stupro può essere esso stesso una condanna, anche indiretta: fu così per Mukhatar Mai, la giovane e bella pakistana condannata da un tribunale tribale ad essere violentata da sei aguzzini per punire il suo fratello minore che secondo voci di paese avrebbe avuto una presunta relazione con una coetanea.

Fatti noti e sempre affondati nelle cronache in modo invisibile: quando le donne libere dei paesi non islamici sentiranno la necessità di intervenire per fermare questo orrore? Specie quelle donne che occupano ormai importanti cariche istituzionali nei governi occidentali, dalla Merkel alla Bonino.

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