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domenica 30 giugno 2013

Mauritania - La tortura non risparmia neanche i minorenni

Corriere della Sera
“Mi hanno costretto a sedermi. Mi hanno ammanettato, il piede sinistro con la mano sinistra, il piede destro con la mano destra. Poi hanno passato un bastone sotto le ginocchia e lo hanno sollevato fino a poggiarlo sopra a due bidoni dell’acqua. Mi hanno lasciato in quel modo, a penzolare con la testa all’ingiù. Poi sono rientrati e hanno iniziato a bastonarmi”.

Questo è il racconto di un ragazzo di 16 anni, incontrato da Amnesty International insieme ad altri 10 minorenni nel corso di una recente missione in Mauritania.

Allarmata dalla morte sotto tortura di un uomo nella prigione di Dar Naim (nella foto) alla fine dello scorso anno, l’organizzazione per i diritti umani ha deciso di visitare alcune stazioni di polizia e carceri di Nouakchott e il centro di detenzione della Brigata giovanile, sempre nella capitale, specializzato nella custodia e negli interrogatori dei presunti criminali minorenni.

Al termine di oltre 60 incontri con detenuti, il quadro emerso è agghiacciante:uomini, donne e bambini vengono regolarmente torturati per costringerli a rendere confessioni su presunti reati comuni o violazioni della legge antiterrorismo. Una volta arrestato, il sospetto sparisce letteralmente nel nulla per giorni: privo di avvocato, viene torturato a lungo, costretto a sottoscrivere dichiarazioni senza che neanche gli vengano lette e infine sottoposto a un processo farsa che termina con una condanna basata su ciò che è stato estorto con la tortura.
Non è stato un processo. Mi hanno semplicemente letto cosa avevo dovuto dire sotto tortura. Mi hanno chiesto se era vero e ho risposto di no, che ero stato costretto a dire quelle cose con la tortura. Mi hanno risposto che quello era il verbale di polizia e si basavano su quello. Mi hanno dato tre anni di carcere”, ha raccontato un detenuto.
Questo, invece, è il racconto di un compagno di prigionia dell’uomo morto sotto tortura nel dicembre 2012 nella prigione di Dar Naim:
“Ci hanno tenuti per tre giorni in celle di punizione così piccole che non potevamo neanche allungare le braccia e le gambe. C’erano scarafaggi ovunque. Dopo la mezzanotte, ci portavano in un campo, ci costringevano a sdraiarci sulla schiena, ci tenevano fermi coi loro stivali piantati sul petto e ci buttavano getti d’acqua in bocca e nel naso. Ci facevano mangiare la sabbia, ci cospargevano il corpo di sale e poi applicavano la corrente elettrica. Ci ustionavano con coltelli bollenti. Ci legavano mani e piedi e ci picchiavano”.
Quest’altra testimonianza arriva da un rifugiato del Mali, 41 anni, in attesa di processo per presunti reati di terrorismo:
“Mi hanno fatto togliere tutti i vestiti fino a rimanere in mutande, poi mi hanno costretto a sdraiarmi. Mentre un poliziotto mi teneva bloccato con uno stivale sulla schiena, l’altro mi legava le mani ai piedi. Era così stretto che i piedi toccavano la testa. Mi hanno issato a una corda e lasciato sospeso nell’'aria. Mentre mi facevano roteare mi picchiavano coi bastoni, mi prendevano a calci e pugni. È successo due volte, tra le sette di sera e l’una di notte e dalle cinque di sera all’una di notte”.
C’è poi il caso di 14 uomini scomparsi nel maggio 2011 dalla prigione centrale di Nouakchott. Le autorità continuano a non rispondere alle richieste delle famiglie. I loro figli non possono iscriversi alla scuola pubblica né accedere alle cure mediche perché i padri non risultano iscritti all’anagrafe.

Amnesty International aveva già segnalato la diffusione della tortura in Mauritania al Comitato Onu contro la tortura. Il Comitato ha fatto una serie di raccomandazioni al governo. Si spera non sia un vuoto rituale.

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