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martedì 12 febbraio 2013

Italia - Il paradosso della "pericolosità sociale", che mura vivi gli "innocenti" internati in Opg

Fonte: Corriere della Sera

di Luigi Ferrarella

C'è soltanto una decisione che, più di dover infliggere l'ergastolo a un colpevole, schiaccia di responsabilità un giudice: ed è dover mandare un processato all'Ospedale Psichiatrico Giudiziario (Opg).
Perché "è una misura di sicurezza che esce dai binari coscienza - responsabilità - sanzione", ragiona il procuratore aggiunto di Messina, Sebastiano Ardita, fino all'anno scorso direttore generale dei detenuti al Dap (Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria) con competenza proprio su questo settore; e perché potenzialmente può non aver mai fine, sebbene per definizione il destinatario non sia imputabile per ciò che ha commesso.
In Opg, infatti, finisce la persona che il giudice ritenga abbia commesso un delitto doloso con pena superiore nel massimo a due anni, ma che una perizia psichiatrica dichiari "totalmente incapace di intendere e di volere" (cioè patologicamente non in grado di percepire il senso delle proprie azioni e di controllare i propri impulsi) e che contemporaneamente sia valutato "socialmente pericoloso", concetto non medico - legale ma giuridico, che attiene alla probabilità che il soggetto commetta nuovi reati. Quando si trova di fronte a queste condizioni, il giudice è costretto da un lato ad assolvere, tecnicamente per difetto di imputabilità, e dall'altro lato a disporre per due anni la misura di sicurezza dell'Ospedale psichiatrico giudiziario o anche (solo dal 2004 dopo una sentenza della Consulta) della meno pesante "libertà vigilata" accompagnata dalla prescrizione di un rapporto continuativo con il servizio psichiatrico territoriale.
La misura è soggetta a essere periodicamente rivista ma, finché lo psichiatra ravvisa che permanga la "pericolosità sociale", di rinnovo in rinnovo il termine può non avere mai fine. È l'ibrido alla base di quello che per Ardita è "un ricorrente equivoco: l'Ospedale psichiatrico giudiziario è "ospedale" nel senso di "ospizio", cioè non di struttura sanitaria ma di luogo di accoglienza, dove, nel contenere una pericolosità sociale, con la riforma penitenziaria si è rafforzato il trattamento psichiatrico. Un posto dove si è ristretti per il fatto di essere pericolosi, non per il fatto che si è malati bisognosi di cure".
Un posto, si spinge a provocare Ardita, "che a volte non può avere alternative. In base alla mia esperienza, mi sento di dire che ci sono casi nei quali, per un malato di mente socialmente pericoloso, la vita in famiglia non è di miglior qualità rispetto a quella possibile in alcuni reparti di Opg nei quali è poco nota l'abnegazione del personale".
E si intuisce che Ardita, "nel bilanciamento tra il valore della dignità umana del soggetto ristretto e il valore della vita altrui che egli può mettere in pericolo", sia ora pessimista nei confronti di "una riforma che non disegna il contenuto delle nuove strutture" destinate a superare gli Opg, e "non indica quale debba essere lo standard (anche in termini di risorse economiche) dei servizi di assistenza".

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